È un rito la cui origine si perde nella notte dei tempi, quella dei serpari di Cocullo, da qualche anno divenuto anche patrimonio dell’UNESCO.
Il rito nasce da una celebrazione pagana, in onore delle Dea Angizia, venerata un tempo nella marsica e considerata un’incantatrice di serpenti.
L’avvento del cristianesimo ha trasferito il rito pagano ai dogmi del culto cattolico, e così oggi la sua celebrazione è dedicata a San Domenico.
Il Santo non è morto nel paese marsicano, ma vi ha soggiornato per un lungo periodo, tanto è bastato per lasciare un forte legame con il territorio. Considerato protettore dei denti e dei morsi, dai lupi e dai serpenti.
Un tempo questa celebrazione si svolgeva il primo giovedì di maggio, ma da diverso tempo ormai viene svolta il primo maggio, anche per permettere ai tanti appassionati di parteciparvi.
L’immagine simbolo dei serpari di Cocullo la si ha quando la statua di San Domenico esce dalla chiesa: a quel punto viene ricoperta da serpenti dai fedeli, per dare vita ad un momento unico al mondo.
I serpenti attraverso una legge speciale, vengono presi dai serpari del paese a partire dalla fine di marzo, ovvero da quando questi escono dal letargo. Vi sono diverse specie interessate, la più comune è il Cervone, la specie europea più lunga, che può arrivare anche da due metri ( quelli di Cocullo arrivano al metro e mezzo), poi ci sono le specie Lattarina, biacco e la serpe nera, queste ultime due decisamente più mordace e aggressive.
La festa di San Domenico di Cocullo ogni anno richiama a se oltre 20.000 persone, tra fedeli e appassionati al rito tradizionale. Festa che oggi è protetta anche come patrimonio dell’Unesco.