Un grande successo di pubblico ha salutato l’inaugurazione della mostra di Eugenio Tibaldi, Più là che Abruzzi, a cura di Simone Ciglia, ieri pomeriggio (26 gennaio) al Museo Michetti – Mu.Mi di Francavilla al mare.
La manifestazione, a cura dell’associazione Humanitas presieduta da Elena Petruzzi, partner Villa Maria Hotel & SPA e Comune di Francavilla al mare, ha visto la partecipazione di un centinaio di persone che hanno potuto ammirare le opere dell’artista.
Più là che Abruzzi trova le sue premesse nel bando pubblico Abruzzo Include, emanato nel 2018 dalla Regione Abruzzo (ente capofila il Comune di Francavilla) e indirizzato a soggetti svantaggiati, coinvolti in un programma di tirocini lavorativi in aziende del territorio, volto a favorire l’inclusione sociale. I temi sollevati dal bando trovano una convergenza nel lavoro di Tibaldi, che dagli esordi indaga la questione della marginalità secondo una molteplicità di prospettive: sociale, economica, politica, geografica.
Per tutta la durata dell’esposizione (dal 27 gennaio al 10 marzo), si susseguirà una serie di incontri che si terranno al MuMi alle 18:
- domenica 3 febbraio 2019
conversazione: Prospettive sulla marginalità fra sociologia e giurisprudenza, con Eide Spedicato Iengo, già professore associato di Sociologia generale all’università D’Annunzio”, Chieti-Pescara e Andrea Di Berardino, giudice al Tribunale di Chieti;
- domenica 10 febbraio 2019
cineforum: L’intrusa di Leonardo di Costanzo (2017) a cura di Bruno Nasuti;
- domenica 17 febbraio 2019
concerto di Piero Delle Monache, Solosé;
- domenica 24 febbraio 2019
conferenza: Considerazioni (filosofiche) sui margini a cura di Carlo Tatasciore, presidente Fondazione Michetti
Al piano superiore le opere di progetti precedenti: Questione d’appartenenza (2015), un ciclo di lavori dedicati all’abitare informale a Napoli, città in cui Tibaldi ha vissuto per sedici anni; Seconda chance (2016-2018), progetto concepito per la mostra personale al museo Ettore Fico di Torino nato da uno studio del quartiere “Barriera di Milano” a Torino, i cui abitanti sono stati invitati a donare oggetti dismessi; Inclusio (2017-2018), realizzato per la società Dolce di Bologna, una cooperativa sociale che si occupa di servizi alla persona, ai cui dipendenti l’artista ha chiesto di inviare immagini di particolari della propria abitazione e del luogo che suscitano loro disagio; Architettura minima (2012), una ricerca, tuttora in corso, sui ricoveri di fortuna dei senzatetto in tutta Italia.
Al piano inferiore i lavori di Più là che Abruzzi, mostra che conclude la residenza di Eugenio Tibaldi nell’hotel Villa Maria di Francavilla al mare in collaborazione con il Comune. Attraverso una pratica fondata sulla ricerca sul campo, l’artista mette in atto processi partecipativi sintetizzati in una riflessione personale. L’Abruzzo è interpretato come termometro di un più ampio contesto nazionale, in un momento storico – già ribattezzato post-crisi – in cui le classi dirigenti si stanno attivando per generare nuove possibilità e attivare le fasce sociali colpite dagli anni di depressione.
Più là che Abruzzi è un progetto di residenza d’artista nell’hotel Villa Maria, che vuole collegare l’arte al concetto di ospitalità (Xenia). Il progetto Xenia nasce dalla volontà di avvicinare il pubblico alle diverse forme artistiche, creando un contatto e una collaborazione tra soggetto privato, società civile, scuola e mondo dell’arte.
Più là che Abruzzi di Eugenio Tibaldi (Alba, 1977) si propone d’indagare il concetto di margine secondo le molteplici prospettive di condizione sociale, percezione personale e stato da cui emanciparsi. Proseguendo la sua linea di ricerca, l’artista sviluppa un’analisi incentrata sull’ “essere periferico” all’interno di una società, al di là della reale ubicazione geografica. Nelle sue ricerche sul campo, l’autore accompagna la visione geografica a una di tipo sociale, basata sulla dialettica centro/i-periferia/e e la conseguente capacità di un luogo di offrire possibilità sociali ai suoi abitanti.
Osservato in quest’ottica, l’Abruzzo può essere considerato una periferia nazionale? Appartiene alla fascia cosiddetta debole? In che punto si pone rispetto a Milano? o Roma? O Berlino? I flussi di movimento delle nuove generazioni sembrano rispondere in modo affermativo: se i dati reali indicano l’Abruzzo come una regione mediana rispetto al quadro nazionale (in base a reddito personale ed emigrazione interna), la percezione che si ha vivendo in regione è di lontananza e isolamento, una sorta di area non disagiata ma in cui è comunque complesso realizzare le proprie aspirazioni, lontana dai centri nevralgici del paese e schiava di una condizione di dignitoso margine.
«Durante le mie visite in Abruzzo», racconta l’artista, «mi è spesso capitato di sentire frasi del tipo “era una vera promessa del suo settore però non si è mai mosso da qui”, come se il luogo determinasse un limite, un margine che non permette lo sviluppo della persona. Ho incontrato associazioni di abruzzesi a Bruxelles, Caracas, New York, a determinare un forte legame con un territorio che ha la capacità di incorporare sia il concetto di limite che quello di nostalgia».